Le Cosmonaute

Cosmonauta.

La parola di oggi è "cosmonauta".

Di questi tempi non si usa più. E' stata abbandonata, peggio dei cani sull'autostrada.

Almeno loro hanno qualche associazione che li proteggono, le parole no.

Loro possono essere abbandonate ai confini dell'oblio, tra l'indifferenza della gente.

E poi neanche causano incidenti.

Ho deciso di adottarla io.

Cosmonauta.

Il cosmonauta è un sinonimo dell'astronauta, ma era una parola usata principalmente dai russi per chiamare i loro uomini che venivano schizzati in alto, tra le stelle.

Da qualche giorno mi ronza in testa e mi lascia...strano.

Se mi doveste chiedere "Perché cosmonauta?", non saprei rispondervi.

Solo perché non so spiegarlo.

Con le parole non ci riesco, lo sento dentro, se chiudo gli occhi lo vedo, se tendo le mani lo tocco, ma non so spiegarlo.

E credetemi quando dico che non riuscire a spiegare una cosa, per me, è come una fitta al cuore.

E' un qualcosa di agrodolce, perché tra l'amaro del non riuscire a dar forma con le parole, c'è il dolce della possessione, qualcosa che è solo mio, dentro.

Qualcosa di personale, di intimo, qualcosa che per capire bisogna essere me.

Forse ci sono delle cose al mondo che non si riescono a spiegare, proprio perché non devono essere spiegate. E' anche buffo tentare di spiegare una sensazione se poi non esistono parole in grado di descriverla perché ne uscirebbe solo un'interpretazione grottesca che non andrebbe appannaggio a chi tenta di capire.

Cosmonauta.

Sarà che ho una voglia immensa di volare, come se in una vita precedente fossi stato un uccello o qualsiasi altra cosa che riesca a volare.

Cosmonauta.

Sarà che non so cosa darei per poter toccar le stelle, per starmene sulla Luna che da qua appare diversa; sembra fatta di poesia.

Cosmonauta.

Sarà così e basta.

Forse è solo voglia di evadere, curiosità.

O forse è solo una voglia di dominio.

Poter starmene fluttuante nello spazio, andare dove voglio, senza vincoli, senza freni.

Libertà.

Cosmo.

Toccare gli estremi dell'universo e ritornare qua.

Osservare la Terra, che da quassù sembra un pallone di cuoio e vedervi, vedervi tutti.

Tutti quanti.

Vi vedo, che vi affannate, che correte con isteria di qua e di là.

Vi prenderei e vi scuoterei come una boccia di vetro, una di quelle in cui, una volta che l'hai agitata, cade la neve.

Vi urlerei, vi urlerei a squarciagola di fermarvi, di smetterla di fottervi.

Vi inviterei quassù perché qua si sta davvero bene.

E una volta arrivati qua, vi farei guardare, vi farei guardare voi stessi.

Vi farei guardare la Terra e la Luna e le Stelle e il Sole e gli oceani e le foreste e la sabbia e le nuvole.

Poi vi darei uno schiaffo. Vi farei piangere. Piangere di cuore fino a farvi singhiozzare così tanto che l'ultima volta che avete pianto così è stato quando avevate paura del buio.

Vi prenderei per mano ad ognuno di voi, come a formare una grande catena, e vi porterei al centro dell'universo e vi mostrerei il COSMO.

Non proferirei una parola, non ce ne sarebbe bisogno.

Strapperei dalle vostre budella tutto l'odio che avete e ci costruirei un castello, il più bello, il più maestoso, solo per farvi vedere come crolla su se stesso.

Vi tapperei la bocca perché tanto non sapreste come usarla.

Vi farei rinascere da un unico grembo, solo per farvi capire che siete ugualmente fratelli, anche se il sangue mente.

Poi vi rimanderei giù nelle vostre case, nei vostri uffici, nei vostri bar.

E io qui morirei solo per farvi capire che la morte non è la fine.

E come non è la fine, io continuerei a vivere.

Vorrei diventare una gigantesca, infinita onda di luce calda che vi avvolgerebbe per pochi istanti, che vi faccia sentire come stretti in un abbraccio materno quando eravate troppo piccoli perfino per parlare.

E qui, al centro delle vostre menti candide, me ne starei.

E mi dimenticherete, nonostante tutto.

E mi dimenticherete, nelle vostre memorie.

E sarà inutile ricordarmi perché io non sono mai esistito.

Non datemi un volto, il mio viso è il cielo stellato.

Non datemi un cuore, il mio cuore è la Luna.

Non sono niente. Sono un sogno.

Sono l'Uomo delle Stelle.

Sono il Cosmonauta.

E so già come finirà.







|dreams of clouds|

7 commenti:

Mafaldanellarete ha detto...

io non so come finirà, ma ci stavo pensando giusto prima, l'universo è una cosa misteriosa da togliere il fiato. se potessi tornare indietro studierei astronomia. E' che a diciotto anni pensi che ci siano cose più importanti delle stelle...

Il_Marcio ha detto...

E' che a 18 anni pensi solo a cercare con affanno una scappatoia in questo corridoio stretto quando quello che bisogna fare è il NON. Il NON fare, il NON pensare, il NON parlare.

E' bella la cultura del NON.

Mafaldanellarete ha detto...

Si sono d'accordo, purtroppo ci sono arrivata tardi... Mi hanno tirata su con la cultura del fare a tutti i costi...( nel nordest poi, i fannulloni li guardano peggio che i robbosi) C'ho messo un Po a capire che affannarsi non serve a un cazzo.

amanda ha detto...

me lo offri un tè nel cosmo?

comunque per il non fare, anche se per carettere mi è dura, sono d'accordo
per il non parlare, cosa che mi è ancora più dura, sono ancora d'accordo
ma per il non pensare? come mi emoziono? come ti emozioni? come senti l'amore che si oppone all'odio che vuoi strappare da noi tutti, come pensare a quel cosmo a quel cosmonauta come immaginare di volare?

Il_Marcio ha detto...

Infatti la cultura del NON serve solo per uscire dall'adolescenza senza farci troppo male.

Leucocita in fuga ha detto...

E’ sempre diverso.
Ogni tanto fare una visitina alle stelle, baciare la luna. Respirare ad occhi chiusi la magnifica brezza che accarezza i miei occhi.
Sono solo un uomo che sogna di sognare. Con le nuvole fra le ginocchia.
E’ un desiderio.
Per me si è cominciato a credere nell’impossibile. Se pensate sia un dono non invidiatemi. E’ un fardello immensamente grande da poter essere sopportato.
Sono stanco di volare.

amanda ha detto...

@Leucocita in fuga: apri un giornale, uno a caso vedrai come smetti di sognare, tempo 1 millisecondo

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"E' il MONDO che ha scelto di non essere sempre divertente"


E' che a volte si è troppo stanchi di continuare a combattere, di difendere le proprie idee. A volte si è stanchi della routine, delle giornate che si susseguono, dei déjà vú. A volte si è stanchi di far sopravvivere i propri SOGNI, di trascinarsi, di fare ciò che non vogliamo. A volte si è stanchi di ripetere gli stessi errori e di non potersi liberare di certi pesi. E a volte si è solamente troppo stanchi di vivere, così facciamo in modo che tutto scivoli via, come l'acqua di un torrente che scivola sul suo letto o come la pioggia che scivola sui vetri delle case. E non ci accorgiamo che, alzando gli occhi, c'è l'arcobaleno

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